Nella quotidianità ognuno di noi, per svariate esigenze, conclude uno o più
contratti. Si pensi al contratto di acquisto di un appartamento (ma anche di un
semplice giornale in edicola!), al contratto di locazione di un immobile ad uso
abitativo o ad uso commerciale, ai contratti di appalto, di mutuo, di
mediazione, eccetera.
In queste occasioni bisogna non soltanto tenere conto dell’importanza della
sottoscrizione che si appone al contratto, che in base all’art. 1372 del codice
civile ha “forza di legge” tra le parti, obbligandole ad adempiere le
obbligazioni da esso nascenti, ma anche porre attenzione affinché si stia
firmando un contratto valido, ossia dotato dei requisiti previsti dalla legge.
Inoltre, può anche capitare che ci si accorga che lo stesso sia invalido e lo si
voglia porre nel nulla.
E' importante, perciò, conoscere quali siano le cause di invalidità del
contratto, ossia quando il contatto sia nullo o annullabile nonché quando si
possa procedere alla sua rescissione o alla sua risoluzione.
In questo senso, procederemo ad analizzare cos’è un contratto e quali sono i
suoi elementi essenziali, nonché come avviene il suo perfezionamento e quali
siano i suoi effetti; passeremo, quindi, a verificare quando il contratto sia
nullo o annullabile, oppure suscettibile di rescissione o risoluzione.
Ovviamente, nel caso concreto bisognerà analizzare dettagliatamente anche il
tipo di contratto che avete sottoscritto ed il suo specifico contenuto, in
quanto rilevanti al fine di una valutazione tecnica ed accurata della sua
validità.
Pertanto, è sempre consigliabile rivolgersi ad un avvocato, il quale, grazie alla sua preparazione tecnico-giuridica, potrà valutare obiettivamente la situazione e fornirvi il proprio parere sul da farsi.
Potrete inviare
una mail a:
[email protected]
oppure telefonare al n. 349.4581494
Il contratto è un negozio giuridico, ossia una dichiarazione di
volontà con cui i privati regolano da sé i propri interessi nell’ambito
dell’autonomia a loro riconosciuta dall’ordinamento giuridico; tuttavia,
nell’ambito dell’ampia categoria del negozio giuridico, si distingue da
altri negozi giuridici (quali, ad esempio, il matrimonio ed il
testamento) per le seguenti peculiarità.
Secondo l’art. 1321 del codice civile, “il contratto è l’accordo di due
o più parti per costituire, regolare o estinguere tra loro un rapporto
giuridico patrimoniale”.
Analizziamo questa definizione.
Innanzi tutto, il contratto è un “accordo”, cioè un incontro di
consensi, una convenzione, un patto. E’ stipulato tra due o più parti,
laddove per “parte” non si intende necessariamente la singola persona,
bensì un centro di interessi, che può essere composto anche da più
persone che abbiano lo stesso interesse.
Inoltre, esso ha la funzione di regolamentare un “rapporto giuridico
patrimoniale”, ovvero ad una relazione regolata dal diritto oggettivo ed
avente un contenuto economico, nei seguenti termini: lo può
“costituire”, ossia incidere sulla situazione e sugli interessi delle
parti, introducendo per essi un nuovo rapporto, “regolare”, ossia
modificare un rapporto già esistente tra le parti, oppure “estinguere”,
cioè porre fine ad un rapporto preesistente.
Accertato cos’è il contratto, verifichiamo ora quali sono gli elementi
essenziali che esso deve avere per essere valido.
Essi sono stabiliti dall’art. 1325 del codice civile e sono i seguenti:
1) l’accordo delle parti, cioè l’incontro delle volontà delle stesse,
come sopra detto;
2) la causa, ossia la funzione economico-sociale che esso è capace di
svolgere (ad esempio, nella compravendita la causa è lo scambio tra bene
e prezzo, nella locazione è il godimento del bene contro il
corrispettivo);
3) l’oggetto, cioè il contenuto dell’accordo, che deve essere:
a) possibile, sia fisicamente (ad esempio un immobile, per essere
venduto, deve essere esistente), sia giuridicamente (non lo è quando, ad
esempio, un bene non è suscettibile di essere dedotto nel contratto o
l’oggetto è inidoneo a realizzare lo scopo perseguito);
b) lecito, ossia conforme alla legge vigente al momento della stipula
del contratto;
c) determinato (cioè specificamente indicato ed individuato) o almeno
determinabile (cioè individuabile in base a criteri oggettivi, quali ad
esempio calcoli matematici, o in base ad un procedimento previsto dalle
parti).
4) la forma con cui viene manifestata la volontà delle parti, soltanto
nei casi in cui è prescritta dalla legge per la validità del contratto
(ad substantiam actus: per la validità di alcuni contratti la legge
prevede la forma scritta a pena di nullità) e non a fini meramente
probatori (ad probationem).
In presenza dei suddetti requisiti, il contratto sottoscritto è
tendenzialmente valido.
Rivolgendovi ad Avvocato Milano ed inviando una mail all'Avvocato Gianni
Busco dello studio legale Busco di Milano, potrete avere informazioni utili sul da farsi.
Solitamente le parti concludono il loro accordo in un unico contesto di luogo
e di tempo, firmando un unico documento contenente il contratto, oppure
scambiandosi due dichiarazioni identiche firmate ciascuna da una parte sola,
oppure ancora verbalmente (ad esempio: acquisto di un giornale presso le
rivendite); tuttavia, nel caso in cui le trattative si svolgano in tempi
successivi o tra persone logisticamente lontane, il contratto si perfeziona nel
momento e nel luogo in cui il proponente (cioè la parte che ha effettuato la
proposta contrattuale) ha conoscenza dell’accettazione dell’altra parte.
Dal momento in cui il contratto si perfeziona, le parti sono obbligate ad
osservarlo, poiché esso, in base all’art. 1372 del codice civile, “(…) ha forza
di legge tra le parti”; in particolare, le stesse sono obbligate, secondo l’art.
1374 c.c., non soltanto a quanto è disposto dal contratto, ma anche a tutte le
conseguenze che ne derivano secondo la legge, o, in mancanza, secondo gli usi e
l’equità.
In caso di dubbi l'Avvocato Busco dello Studio legale Busco di Milano potrà darvi ulteriori chiarimenti.
inviate una mail all'indirizzo
e telefonate allo Studio Legale Busco di Milano al n.
349.4581494
LA NULLITA’:
L’invalidità del contratto può assumere due diversi aspetti: la nullità e
l’annullabilità.
Il contratto è nullo nei seguenti casi:
1) quando è contrario a norme imperative, ossia alle norme inderogabili previste
dall’ordinamento giuridico, la cui applicazione è imposta prescindendo dalla
volontà dei singoli, i quali non possono accordarsi per derogarle; ciò salvo che
la legge disponga diversamente;
2) quando nel contratto manca uno dei suoi elementi essenziali (l’accordo, la
causa, l’oggetto o la forma se prescritta ad substantiam);
3) quando la causa del contratto è illecita, ossia è contraria a norme
imperative di cui sub 1), all’ordine pubblico o al buon costume (quest’ultimo
comprensivo non solo delle regole del pudore sessuale e della decenza, ma anche
dei principi etici costituenti la morale sociale);
4) quando l’oggetto del contratto è impossibile, illecito, indeterminato o
indeterminabile;
5) quando il motivo che ha determinato in via esclusiva le parti a concludere il
contratto è illecito ed è comune ad entrambe;
6) negli altri casi stabiliti da una norma di legge.
Si noti che il vizio che causa la nullità può riguardare l’intero contratto
(nullità totale) oppure soltanto una o più clausole dello stesso (nullità
parziale) e, in quest’ultimo caso, tutto il contratto è travolto dalla nullità
se risulta che i contraenti non lo avrebbero stipulato senza la clausola colpita
da nullità; se poi il contratto può continuare a svolgere una funzione
apprezzabile che le parti avrebbero perseguito anche in assenza delle clausole
nulle, esso rimane valido per la parte non affetta da nullità.
In ognuno di questi casi, il contratto, essendo nullo, non produce alcun effetto
giuridico, ma può essere comunque eseguito e possono, quindi, sorgere
contestazioni tra le parti.
Pertanto, quando si intende dirimere una controversia circa la validità di un
contratto, chiedere la restituzione di una prestazione effettuata in esecuzione
di un contratto nullo, rifiutare l’esecuzione di una prestazione a causa della
nullità del contratto che la prevede, o comunque chiarire la situazione circa un
contratto nullo, è necessario rivolgersi ad un avvocato per far accertare e
dichiarare dal giudice la nullità del contratto in questione (c.d. azione di
nullità). Inoltre, qualora sia invece l’altra parte a ricorrere al giudice
l’esecuzione di un contratto che voi ritenete nullo, potrete proporre al giudice
la domanda di nullità nello stesso processo in via di “eccezione”; peraltro, se
in un giudizio una parte invoca un contratto che è nullo, il giudice potrà
rilevare detta nullità d’ufficio, ossia senza un’apposita domanda di una delle
parti.
Se nessuno si preoccupa di chiedere al giudice di dichiarare detta nullità, il
contratto è e rimane nullo e può anche accadere che nessuno ne pretenda
l’esecuzione, ma anche che venga ugualmente eseguito senza problemi nonostante
la sua nullità.
Si precisa che l’azione di nullità è imprescrittibile (cioè può essere esperita
in qualunque tempo, in quanto non è soggetta a prescrizione), non può essere
paralizzata da alcuna sanatoria del contratto (in quanto il contratto nullo è
insanabile e non può essere convalidato), è di mero accertamento (poiché la
sentenza di accoglimento della domanda non modifica la situazione giuridica
preesistente, in quanto il contratto era e resta nullo ed inefficace) e può
essere proposta da chiunque vi abbia interesse (ossia non soltanto dai
contraenti, ma anche da terzi a ciò interessati, quali ad esempio il fideiussore
dell’obbligato, un subacquirente ecc.).
La nullità del contratto ha le seguenti conseguenze.
Innanzi tutto, il contratto nullo, come già detto, non produce alcun effetto;
tuttavia, la legge prevede alcune deroghe a questa regola (ad esempio, in
materia di lavoro, per tutto il periodo in cui il rapporto di lavoro abbia avuto
esecuzione, l’eventuale nullità del contratto non produce effetto) e, comunque,
talvolta la nullità di un contratto non è opponibile ad alcuni terzi (ad
esempio, la sentenza che dichiara la nullità di un atto soggetto a trascrizione
non è opponibile ai terzi di buona fede che abbiano acquistato diritti in base
ad un atto trascritto prima della trascrizione della domanda giudiziale).
Inoltre, la nullità del contratto comporta che, se esso è stato eseguito, le
prestazioni eseguite devono essere restituite, tranne se sono state eseguite in
adempimento di un contratto immorale e l’immoralità riguarda anche colui che ha
eseguito la prestazione.
L’ANNULLABILITA’:
L’altra causa, meno grave, di invalidità del contratto è l’annullabilità,
sancita dalla legge per i casi un cui uno dei contraenti:
a) è minorenne, a meno che egli abbia dichiarato falsamente di essere
maggiorenne e occultato con raggiri la sua minore età.
b) è giudizialmente interdetto, ossia non ha la capacità legale di compiere atti
giuridici a seguito della pronuncia di sentenza di interdizione da parte del
tribunale che ne sancisce lo stato di abituale infermità mentale tale da
renderlo incapace di provvedere ai propri interessi e nomina, a tal fine, un
tutore.
c) è legalmente interdetto, cioè non può compiere atti giuridici come pena
accessoria di una condanna alla reclusione per un tempo non inferiore a cinque
anni.
d) è affetto da incapacità naturale, ossia, sebbene legalmente capace di agire,
sia di fatto incapace di intendere o di volere (situazione in cui può trovarsi,
ad esempio, l’infermo di mente, il malato grave, l’anziano, l’handicappato, il
drogato, l’ubriaco), in via permanente o anche solo transitoria, al momento
della stipula del contratto, sempre che vi sia la mala fede dell’altro
contraente.
e) è un minorenne emancipato (ossia ammesso dal tribunale a contrarre matrimonio
prima del 18esimo anno di età) o un inabilitato (cioè l’infermo di mente il cui
stato non sia così grave da portare all’interdizione: il prodigo, colui che
abusa abitualmente di sostanze alcooliche o stupefacenti, il sordomuto e il
cieco) che abbia stipulato un contratto eccedente l’ordinaria amministrazione
senza il consenso del curatore nominato dal tribunale.
f) è incorso in un errore-vizio (incidente sul processo interno di formazione
della volontà: es. decido di comprare un vestito credendo che sia di seta e
invece è acrilico) o in un errore-ostativo (determinante divergenza o contrasto
tra volontà e dichiarazione: es. voglio scrivere 10 ma per errore scrivo 20),
purché l’errore sia essenziale - ossia cada sulla natura o sull’oggetto del
contratto, oppure su una qualità della cosa oggetto del contratto da ritenersi
determinante del consenso, oppure ancora sull’identità o sulle qualità
dell’altro contraente se rilevante per il contratto, o sulla quantità della
prestazione se determinante del consenso e non riconducibile a un mero errore di
calcolo - nonché riconoscibile dall’altro contraente, nel senso che nel caso
concreto l’altro contraente abbia la possibilità astratta di riconoscere
l’altrui errore comportandosi come una persona di media diligenza.
g) ha stipulato il contratto in conseguenza di raggiri o artifici, ossia manovre
o mezzi fraudolenti, che sono stati utilizzati dall’altro contraente (oppure da
terzi, se l’altro contraente ne era a conoscenza e ne ha tratto vantaggio) per
trarlo in inganno e, di fatto, lo hanno tratto in inganno, determinandolo a
stipulare un contratto che, in mancanza dell’inganno, non avrebbe stipulato
(c.d. dolo determinante).
h) ha prestato il consenso alla stipulazione del contratto (oppure ha stipulato
un contratto diverso da quello che avrebbe voluto stipulare) in conseguenza
della minaccia, proveniente dall’altro contraente o da un terzo, di un male
ingiusto (c.d. violenza psichica) che sia tale da fare impressione, nel caso
concreto (ossia tenendo conto delle circostanze di fatto, dell’età, del sesso e
della condizione), su una persona media e che riguardi la vittima stessa o il
coniuge o un discendente o un ascendente o i rispettivi beni.
Orbene, in ognuno di questi casi il contraente tutelato dalla legge può
rivolgersi ad un legale per agire in giudizio ed ottenere dal giudice
l’annullamento del contratto, che è pienamente efficace.
Tale domanda giudiziale - detta, appunto, azione di annullamento – deve essere
proposta entro cinque anni (decorrenti dal giorno in cui è cessata la causa che
ha dato luogo al vizio nel caso, ad esempio, di contratto stipulato da minore,
dal giorno in cui è stato scoperto l’errore o il raggiro nei casi,
rispettivamente, di contratti stipulati per errore e dolo, dal giorno in cui
sono cessate le minacce nel caso di contratto viziato da violenza e, negli altri
casi, dal giorno in cui il contratto è stato stipulato), non è necessaria se
l’annullabilità viene sanata mediante la convalida dell’interessato, è un’azione
costitutiva (in quanto mira a modificare la situazione preesistente, ossia ad
eliminare gli effetti prodotti dal contratto), può essere proposta soltanto
dalla parte nel cui interesse l’invalidità è prevista dalla legge e non può
essere rilevata d’ufficio dal giudice.
L’accoglimento della domanda di annullamento da parte del giudice ha effetto
retroattivo, cioè si considera come se il contratto non avesse mai prodotto
alcun effetto, con la conseguenza che la prestazione eventualmente eseguita deve
essere restituita.
Per chiarimenti potrete rivolgervi al sito Avvocato Milano per mettervi in contatto con l'Avvocato Gianni Busco dello Studio legale Busco di Milano inviando una mail a:
Può accadere che un contratto presenti un difetto genetico parziale della
causa, cioè che in un contratto a prestazioni corrispettive vi sia uno
squilibrio iniquo o notevole tra la prestazione di una parte e il corrispettivo
dell’altra, cosicché manchi parzialmente la funzione che il contratto stesso
mira a svolgere. In tali ipotesi la legge prevede, quale rimedio per la parte
svantaggiata, la rescissione del contratto.
Può anche succedere che, successivamente alla stipula del contratto,
sopravvengano delle circostanze che impediscano alla sua causa di funzionare
(c.d. difetto sopravvenuto o funzionale della causa); in tali casi, a causa di
un’anomalia nel funzionamento della corrispettività tra le prestazioni, viene
meno la funzione economico-sociale che il contratto è destinato a svolgere,
cosicché la legge ha stabilito la possibilità per il contraente di ricorrere
alla risoluzione del contratto.
Analizziamo ora i casi in cui si può chiedere al giudice, tramite il proprio
legale, la rescissione o la risoluzione del contratto.
In caso di dubbio potrete rivolgervi all'Avvocato Gianni Busco dello Studio legale Busco di Milano per ricevere ulteriori chiarimenti ed informazioni.
L'Avvocato Gianni Busco dello Studio legale Busco di Milano riceve a:
Milano - Via Vincenzo Monti, 8
Roma - Viale dei Parioli, 54
Bari - Via Giacomo Matteotti, 3
Rescissione del contratto concluso in stato di pericolo:
Quando uno dei contraenti conclude un qualsiasi contratto a condizioni inique,
cioè notevolmente ingiuste e svantaggiose, per salvare sé o altri da un pericolo
attuale (anche se evitabile o volontariamente causato) di un danno grave alla
persona, detto contratto presenta chiaramente un’anomalia coeva alla sua
stipulazione (esempio: contratto con cui pago una somma di denaro esorbitante ad
un soccorritore affinché salvi un mio familiare bloccato in un rifugio alpino).
Pertanto, la legge offre al suddetto contraente il rimedio della rescissione;
egli, cioè, può, entro un anno dalla stipula del contratto, tramite il proprio
legale, rivolgersi al giudice per rescindere il contratto; in caso di
accoglimento dell’azione, però, il giudice può assegnare, secondo le
circostanze, un equo compenso al soccorritore.
La Rescissione per lesione:
Può accadere che uno dei contraenti stipuli un contratto in stato di bisogno,
ossia di difficoltà economica, e tenti di procurarsi urgentemente e per
necessità fondi liquidi mediante la sottoscrizione di contratti per sé
economicamente disastrosi. Può avvenire, contestualmente, che l’altro contraente
approfitti di tale stato per trarne vantaggio (anche con un comportamento
passivo, purché connotato dalla consapevolezza dell’altrui stato di bisogno),
cosicché il valore della prestazione eseguita o promessa dalla parte
danneggiata, valutata con riferimento al tempo della conclusione del contratto,
risulti superiore al doppio del valore della controprestazione (c.d. lesione
ultra dimidium).
In tal caso il contraente danneggiato può rivolgersi al proprio avvocato per
proporre, entro un anno dalla sottoscrizione del contratto, l’azione di
rescissione per lesione - purché, però, la suddetta sproporzione sussista ancora
al momento della domanda e non sia venuta meno a causa di successivi mutamenti
di valore delle prestazioni – e chiedere, quindi, al giudice di pronunciare la
rescissione del contratto.
A quel punto l’altro contraente, convenuto in giudizio, può evitare la
rescissione eliminando lo squilibrio tra le due prestazione, ossia offrire un
aumento della propria prestazione o, comunque, una modifica del contratto
sufficiente a ricondurlo ad equità.
Per ulteriori chiarimenti potrete inviare una mail ad Avvocato Milano
all'indirizzo:
[email protected]
oppure potrete prendere un appuntamento con l'Avvocato Gianni Busco o con i collaboratori dello Studio Legale Busco di Milano, telefonando al n. 349.4581494
La risoluzione è applicabile ai soli contratti a prestazioni corrispettive,
ossia a quelli in cui la prestazione di ciascuna delle parti trova la sua
giustificazione (c.d. vincolo sinallagmatico) nella controprestazione che deve
essere eseguita dall’altra, ed è prevista dalla legge per il caso in cui, dopo
la conclusione del contratto, si verifichino anomalie nel funzionamento di detto
vincolo sinallagmatico.
La risoluzione del contratto può avvenire in tre ipotesi, qui di seguito
illustrate ma che, certamente, per il loro carattere tecnico il sito Avvocato
Milano ha cercato di semplificare il più possibile.
La risoluzione per inadempimento:
Se una delle parti è inadempiente, ossia non effettua la prestazione prevista
dal contratto, l’altra parte può rivolgersi al proprio avvocato per:
- Proporre l’azione di adempimento dinanzi al tribunale competente.
Con tale azione la parte insiste per l’adempimento della prestazione, chiedendo
al giudice la “manutenzione” del contratto e la condanna della parte
inadempiente ad eseguire la prestazione dovuta, perché l’adempimento della
controparte è ancora possibile e trattasi di un mero ritardo; in tal caso, il
contraente non inadempiente dovrà eseguire la propria prestazione e potrà
chiedere anche il risarcimento dei danni derivanti da detto ritardo,
risarcimento che si aggiunge al diritto alla prestazione.
In ogni caso, una volta proposta l’azione di risoluzione, la parte può sempre
successivamente cambiare idea e chiedere la risoluzione del contratto, se
ritenuta più conveniente.
- Proporre l’azione di risoluzione dinanzi al tribunale competente.
Con tale azione, la parte chiede al giudice di dichiarare la risoluzione del
contratto, ossia che il contratto venga sciolto e considerato come se non fosse
mai stato stipulato, nonché di condannare la controparte al pagamento del
risarcimento dei danni, che si sostituisce alla prestazione inadempiuta e,
quindi, è proporzionato al pregiudizio che il contraente ha subito per non aver
ricevuto la prestazione promessa.
La parte può proporre l’azione di risoluzione quando non abbia ancora eseguito
la propria prestazione perché o non ha più fiducia verso la capacità o volontà
dell’altro contraente di adempiere, o ha bisogno di procurarsi altrove la
prestazione non ottenuta dall’inadempiente liberandosi nel contempo dall’obbligo
di eseguire la propria prestazione in caso di adempimento tardivo, o vuole
liberarsi da un affare non ritenuto più conveniente; in tal caso, una volta
dichiarata la risoluzione, il contraente non inadempiente non dovrà eseguire la
prestazione promessa. Inoltre, la parte, può proporre l’azione di risoluzione
anche quando ha già eseguito la propria prestazione e l’altra parte è
inadempiente, perché, per esempio, teme di perdere la prestazione effettuata
senza ottenere la controprestazione e vuole, quindi, recuperare in natura quanto
ha già dato alla controparte; in tal caso, infatti, quando il giudice avrà
dichiarato la risoluzione, la parte potrà chiedere la restituzione di quella da
lei già effettuata.
Una volta proposta l’azione di risoluzione, la parte non può più proporre
l’azione di adempimento, perché, chiedendo la risoluzione, implicitamente
dichiara di non avere più interesse all’osservanza del contratto e, quindi,
l’altro contraente può ritenersi esonerato dall’onere di predisporre quanto
necessario per eseguire la prestazione e potrebbe essere irragionevolmente
gravato da una successiva richiesta di adempimento, magari anche dopo un
mutamento delle condizioni di mercato.
Peraltro, la parte inadempiente, dopo la proposizione dell’azione di
risoluzione, non può rimediare offrendo una tardiva esecuzione della
prestazione, che può essere legittimamente rifiutata dall’altro contraente,
tranne se preferisca accettare l’adempimento tardivo e rinunciare alla
risoluzione.
Una volta proposta l’azione di risoluzione, il giudice accerterà, in caso di
contestazione, se vi è stato inadempimento del contratto e se di tale
inadempimento sia responsabile la parte convenuta in giudizio, nonché che
l’inadempimento sia grave e non abbia scarsa importanza. Il giudice emanerà,
poi, la sentenza, che ha carattere costitutivo in quanto determina lo
scioglimento del contratto con efficacia retroattiva (ossia, si considera come
se il contratto non fosse mai stato stipulato e, se la prestazione è stata
eseguita da una sola delle parti, deve essere restituita, tranne che nel caso di
contratto ad esecuzione continuata o periodica).
- Chiedere al tribunale competente di accertare e dichiarare la risoluzione
di diritto del contratto, già avvenuta; è chiaro che in tali casi, che
saranno qui di seguito esaminati, si ricorre al giudice quando tra le parti
sorge una lite in proposito e, quindi, il giudice emetterà una sentenza
dichiarativa (e non costitutiva), essendo la risoluzione già l’effetto della
mera dichiarazione del contraente, che si avvale della risoluzione di diritto
prevista dalla legge.
In particolare, la risoluzione del contratto avviene di diritto nei seguenti
casi:
-Clausola risolutiva espressa:
nel contratto sottoscritto dalle parti vi è una clausola con cui le parti
stabiliscono che il contratto si risolverà automaticamente quando una
determinata obbligazione indicata nella clausola non venga adempiuta affatto o
non venga eseguita secondo le modalità pattuite; in tal caso, la parte non
inadempiente, se decide di optare per la risoluzione del contratto (anziché
all’adempimento, come sopra detto), deve comunicare con raccomandata a.r.
all’altra parte che intende avvalersi della clausola risolutiva e, dal momento
in cui detta comunicazione giunge alla controparte, la parte non può cambiare
idea e pretendere l’esecuzione del contratto e può, comunque, rifiutare
l’offerta di un adempimento tardivo;
-Diffida ad adempiere:
se nel contratto non c’è la clausola risolutiva espressa, la parte non
inadempiente può ottenere la risoluzione di diritto inviando all’altra parte una
diffida ad adempiere, ossia una raccomandata a.r. in cui la intima all’altro
contraente di adempiere entro un termine congruo (solitamente non inferiore a
quindici giorni), con l’espresso avvertimento che, in mancanza di adempimento
entro detto termine, il contratto da quel momento si intenderà risolto di
diritto.
-Termine essenziale:
la risoluzione si verifica di diritto anche per decorso del termine stabilito
nel contratto qualora detto termine per l’adempimento della prestazione è
essenziale, ossia quando la prestazione diventa inutile per l’altra parte se non
viene eseguita nel termine stabilito dal contratto (esempio: il sarto deve
consegnare l’abito da sposa per il giorno del matrimonio); detto termine si
considera essenziale dal punto di vista oggettivo se la prestazione, per sua
natura, può essere utile per la parte soltanto de eseguita nei modi e nei tempi
stabiliti, mentre lo è dal punto di vista soggettivo se dal contratto risulta
espressamente o implicitamente escluso l’interesse della parte all’esecuzione
della prestazione oltre il termine indicato. Tuttavia, la parte non inadempiente
può accettare un adempimento della prestazione tardivo comunicandolo all’altra
parte entro tre giorni dalla scadenza del termine rimasto inosservato.
Chiaramente, come potrete ben immaginare, è importante rivolgersi ad una Avvocato per poter essere assistiti e consigliati.
Avvocato Milano e l'Avvocato Gianni Busco sono a vostra disposizione per eventuali informazioni o chiarimenti.
Potete contattare Avvocato Milano, scrivendo a:
La risoluzione del contratto per impossibilità sopravvenuta dà luogo alla
risoluzione di diritto nei contratti a prestazioni corrispettive quando la
prestazione di una delle parti è diventata assolutamente ed oggettivamente
impossibile per causa non imputabile alla parte, la cui obbligazione, pertanto,
si estingue.
In caso di impossibilità totale della prestazione, la parte liberata non può
chiedere la controprestazione e deve restituire quella che abbia già
eventualmente ricevuto.
Può essere necessario ricorrere al giudice quando vi sia una controversia tra le
parti circa la sussistenza dell’impossibilità sopravvenuta, e in tal caso la
sentenza sarà dichiarativa, limitandosi ad accertare, appunto, la risoluzione di
diritto avvenuta a causa di detta impossibilità.
Quando, invece, l’impossibilità sopravvenuta è soltanto parziale, la parte deve
comunque eseguire la prestazione per la parte che è rimasta possibile, cosicché
l’altra parte, per mantenere l’equilibrio tra le prestazioni, può pretendere una
corrispondente riduzione della propria prestazione o recedere dal contratto, se
non abbia un interesse apprezzabile all’adempimento parziale.
Avvocato Milano vi ricorda che la materia dei contratti è particolarmente complessa
ed è quasi sempre indispensabile l'assistenza di un Avvocato che possa
indirizzarvi e seguirvi nelle scelte.
La risoluzione del contratto per eccessiva onerosità riguarda i contratti ad
esecuzione differita, continuata o periodica, ossia quelli in cui tra il momento
della stipulazione e quello dell’esecuzione intercorre un certo periodo di
tempo.
Detta risoluzione si verifica quando, dopo la stipulazione del contratto e
durante il periodo di tempo tra la stipulazione e l’esecuzione, sopravviene
l’eccessiva onerosità della prestazione di una delle parti; accadono, cioè,
fatti straordinari ed imprevedibili (esempi: lo scoppio di una guerra, un
prolungato sciopero nazionale, la svalutazione monetaria di entità superiore al
normale andamento del periodo in cui è stato stipulato il contratto) che rendono
la prestazione di una delle parti eccessivamente onerosa, causando così un
sacrificio sproporzionato di una parte a vantaggio dell’altra.
Detto sopravvenuto squilibrio economico grave tra prestazione e
controprestazione riguarda uno scambio ancora non compiuto, in quanto si
verifica un aggravio economico che colpisce l’esecuzione della prestazione
ovvero uno svilimento della controprestazione.
Ovviamente il rimedio dell’eccessiva onerosità non è utilizzabile quando
l’onerosità sopravvenuta non supera quel rischio che ogni operazione economica
protratta nel tempo può presentare (esempio: oscillazioni dei prezzi o dei costi
per procurarsi o produrre la merce da consegnare).
Per ottenere la risoluzione del contratto per eccessiva onerosità, è necessario
adire il tribunale competente; la parte contro la quale è domandata può evitarla
offrendo di modificare equamente le condizioni del contratto e, in tal caso, si
verifica la revisione del contratto.
Avvocato Milano è diretto dall'Avvocato Gianni Busco dello Studio Legale Busco al quale potrai rivolgerti per chiarimenti e consigli.
Lo Studio esercita la propria attività su tutto il territorio nazionale.
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